Tra le proposte della prossima Legge di Bilancio, la scorsa settimana il Governo Draghi ha annunciato il calo dell’aliquota dell’Iva sui prodotti igienici femminili, che passerà dal 22% al 10% a partire dal 2022.
La riduzione dell’IVA su questi prodotti arriva dopo anni di proteste: i movimenti femministi e non, si sono battuti negli anni per chiedere la riduzione dell’imposta al 4% su un prodotto di prima necessità che, in quanto tale, era assurdo tassare e paragonare ai beni di lusso come i superalcolici, il caffè o la cioccolata.
Secondo una stima del 2018 di E.B. Bossio, nel corso della vita una donna spende in media 1.704 euro solo per gli assorbenti, e la spesa arriva a superare i 15.000 euro se a questi aggiungiamo anticoncezionali e medicinali.
La riduzione al 10% è senza dubbio un primo passo ma il confronto con gli altri Paesi europei non favorisce la posizione dell’Italia: l’IVA sui prodotti mestruali femminili è, ad esempio, al 5% in Francia e al 6% in Portogallo e Paesi Bassi. Un compromesso, il nostro, che deriva dall’impossibilità di ridurre ancora l’imposta visto il costo oneroso dell’intervento. Secondo le stime del Governo per portare l’aliquota dal 22% al 5% sarebbero necessari 300 milioni di euro.