Disabilità psichica e inclusione sociale

8 Nov 2023 | ConTesti Diversi

La società moderna è in continua evoluzione, ma il tema della disabilità psichica e l’inclusione permane nell’ombra. Nonostante il progresso sull’uguaglianza, è fondamentale porre l’attenzione su questa sfida sociale, che a differenza della disabilità fisica, tende ad essere invisibile agli occhi degli altri, sebbene abbraccia varie condizioni mentali, come la depressione, l’ansia, il disturbo bipolare e molti altri.

Fino al 1975 le potenzialità delle persone affette da disabilità psichica erano molto limitate, in quanto si pensava fossero pericolosi e di conseguenza, con la Legge n. 36/1904 “Custodia e cura degli alienati”, tali soggetti venivano internati in apposite strutture, i manicomi. Grazie alla consapevolezza dell’inumanità presente in quegli anni, la Legge Basaglia (180/1978) diede avvio ad una grande rivoluzione sanitaria, con la chiusura dei manicomi, l’introduzione di nuovi protocolli per le persone caratterizzate da disabilità psichica, il cosiddetto TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio) e l’istituzione dei Servizi di Igiene Mentale pubblici.

Con la Legge n. 833/1978 fu fondato il Servio Sanitario Nazionale, per la tutela della salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, al cui interno la malattia mentale venne equiparata alle altre patologie.

L’American Psychiatric Association, associazione professionale di psichiatri, attraverso il Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM, nato nel 1952, diffuso nel 1980), ha dato una classificazione sistematica della malattia mentale, ritenendo utile suddividere i sintomi e associarli a determinate persone, non tenendo conto però delle storie personali, fornendo un’etichetta che molte volte si discosta dalla realtà.

Inversamente, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 2001, ha promulgato uno strumento, International Classification of Functioning (ICF), per classificare gli stati di salute e correlarli all’ambiente in cui la persona vive, per cogliere le difficoltà che causano la disabilità psichica. L’talia in merito ha dato un contributo forte e significativo grazie all’istituzione di una rete collaborativa denominata Disability Italian Network (DIN), costituita da 25 centri dislocati sul territorio nazionale.

La Convenzione ONU del 2006 sancisce il diritto delle persone con disabilità affermando che la società nella quale sono immersi deve essere facilitante, attiva, solidale e partecipata, dove il disabile mentale possa progredire nella realizzazione del suo progetto di vita.

È risaputo che il tema della disabilità psichica abbraccia diversi contesti, soprattutto quello dell’istruzione, dove gli alunni con questa forma di disabilità, versano in condizioni che possono influire sulla loro capacità di partecipare efficacemente all’attività scolastica e devono affrontare sfide che richiedono approcci comprensivi e risorse adeguate.

L’ostacolo maggiore nel fornire aiuti adeguati è dato, innanzitutto, dall’identificazione tempestiva dei sintomi, dalle risorse limitate e la mancanza del personale qualificato che possa garantire un supporto adatto a ogni singolo studente che mostri una disabilità psichica.

A supporto di ciò, subentra la figura professionale dell’operatore educativo per l’autonomia e la comunicazione (OEPAC), art. 13, Legge n. 104/1992, con il compito di facilitare l’inclusione del bambino con disabilità fisica e psichica nelle attività didattiche, favorendo la socializzazione con il resto del gruppo-classe. L’inclusione di questi bambini, all’interno delle classi e con i coetanei, non è solo una necessità ma diventa un dovere sociale, per potergli dare uguaglianza e benessere mentale.